giuseppe civati
Racconto di due isole

Viene in mente Lampedusa. E però viene in mente anche Ventotene. Due isole politicamente piene di aspettative e di sogni. Due punti nel Mediterraneo. Orizzonti di libertà. Sospese, nella storia d’Europa, tra passato e futuro. Luoghi di confine e però di confino, anche, perché non era libertà quella di Ventotene e non è ancora libertà quella di Lampedusa, per chi vi sbarca.
Se Lampedusa è il cartello di ingresso all’Europa per chi proviene da Sud per via della sua latitudine africana, Ventotene è diventato, per tutti, il cartello della nuova Europa, nella lunga stagione che è seguita ai massacri del secondo conflitto mondiale.
Ventotene, quell’isola-barca – così la chiamò Ernesto Rossi – oscilla potentemente e rischia di naufragare. La spingono gli egoismi nazionalistici, la paura del nuovo e del diverso. La preoccupazione di chi si sente sempre meno solido e stabile e tollera i naufragi altrui proprio perché non è più sicuro della propria “terraferma”. Un sentimento generalizzato che si trasforma nell’ossessione di un continente che si vive come fortezza, riecheggiando nefaste propagande degli anni Trenta. Caduto il Muro, di muri ne sono stati eretti a decine. Come se fossero sue derivazioni, come se la cortina tra Est e Ovest si fosse spezzettata, moltiplicata, diffusa. In tutte le direzioni. Una generazione fa, o poco più, si festeggiava per l’apertura e per il superamento dei confini, ora si inneggia alla blindatura delle frontiere.
Le incertezze degli anni scorsi potrebbero deflagrare nel 2024, con le prossime elezioni europee. Rischiano di affermarsi e di vincere le elezioni forze che non hanno nascosto in passato la loro diffidenza verso la Ue e verso il progetto di federazione europea, che hanno minacciato l’uscita dall’euro e dall’Europa stessa. Propagandavano l’uscita preoccupandosi soprattutto di negare l’entrata a chi voleva accedere allo spazio politico europeo. In un paradosso eversivo, a guidare l’Europa potrebbe essere, dal prossimo anno, chi l’Europa non la vuole. Potrebbe vincere chi coltiva un progetto nazionale e nazionalistico, tra Visegrád (gli ultimi arrivati) e le capitali dell’Europa occidentale (i fondatori) e chi insomma basa, non da oggi, il consenso proprio sull’immigrazione. Control’immigrazione.
Abbiamo sottovalutato l’ascesa del nazionalismo, che oggi chiamiamo sovranismo perché ci piacciono le mezze parole che non rivelano tutto il contenuto a cui si riferiscono. Come se fossero vezzeggiativi che, mentre vengono pronunciati, non tengono conto delle conseguenze a cui portano. Da Ventotene e dal Manifesto sono passati ottant’anni e poco più. Da Lampedusa e da quel naufragio che a molti fece dire “mai più” dieci anni fa, le cose non solo non sono cambiate, sono andate gravemente peggiorando, soprattutto nella mancanza di visione verso il futuro, che chiude i nostri confini e preclude lo sguardo su ciò che sarà.
continua a leggere su Ossigeno - N. 13, disponibile in copia singola e abbonamento annuale sullo shop di People. Illustrazione di Benedetta C. Vialli.