A giugno, Giorgia Meloni sembrava pronta a stabilire una seconda residenza a Tunisi, mentre si auto-proclamava protagonista nel Memorandum d'intesa tra UE e Tunisia. Dichiarava che questo sarebbe stato “un punto di svolta”, “una pietra miliare”, “un grande successo” fino a chiamarlo “un modello per l’Africa” (anche se stiamo parlando del Nord-Africa). Ripassino veloce sul memorandum d’intesa con la Tunisia: Il memorandum prevede cinque pilastri che comprendono aiuto ai giovani tunisini, sviluppo economico, investimenti e commercio, energia e infine, bloccare le partenze delle persone migranti. L’ultimo è stato con ogni probabilità il motivo principale della firma del memorandum, nonché il suo punto più critico visto il trattamento riservato dalla Tunisia alle persone migranti dell’Africa sub-sahariana. La criticità di questi accordi si era estesa in generale alla promessa di fondi massicci a un paese che vive una svolta autoritaria portata avanti dal presidente Saïed. Su Saïed e quello che succede alle persone migranti in Tunisia ne avevo scritto qui.
Ora, la cosiddetta svolta proclamata da UE e Meloni sta andando verso il fallimento fino a rischiare di trasformarsi in una crisi diplomatica. A luglio dopo la firma dell’accordo, erano stati promessi i fondi della prima tranche pari a 150 milioni e altri 105 milioni. In cambio la Tunisia avrebbe avuto il compito di bloccare le partenze dei migranti e accelerare i rimpatri di chi arriva in Europa.
Poi però succede che bisogna fare i conti con la realtà. I fondi si sono ridotti a 127 milioni in totale per i veti posti da alcuni paesi europei e sono stati divisi in due parti: 60 milioni a sostegno dell’economia tunisina e 67 milioni volti a rafforzare il controllo delle frontiere per impedire le partenze. Ma il gioco dell’UE nei confronti della Tunisia non si ferma qui. Come riporta Marco Bresolin per la Stampa, i 60 milioni a sostegno dell’economia tunisina fanno parte di un precedente pacchetto per la ripresa economica post Covid-19. Invece, dei 67 milioni devoluti al controllo delle frontiere, solo 42 milioni rientrerebbero nel memorandum mentre 25 milioni sono in realtà fondi già stanziati nel 2022. Il bonifico di 60 milioni di euro era partito il 3 ottobre ma a quel punto la Tunisia si sente presa in giro e Saïeddichiara che il suo paese “non accetta elemosina” e che “non vogliamo compassione quando è priva di rispetto”.
A questo punto Olivér Várhelyi, commissario europeo all’Allargamento e al Vicinato, ungherese di Fidesz molto vicino a Orban, fa la mossa. Pubblica su X uno screenshot del bonifico inviato e, invita la Tunisia a restituire il denaro. Il commissario ricatta pubblicamente la Tunisia dicendole: se non vuoi i nostri soldi, ridacceli. E infatti la Tunisia ha restituito i soldi. Non solo ma il ministro degli esteri tunisino, Nabil Amar, ha dichiarato che se questo dovrà ripetersi la Tunisia rivelerà altre realtà che non sono nell’interesse dell’UE. Il fatto è che come abbiamo detto sin dal principio, stringere accordi con un paese autoritario a cui delegare non solo la produzione di energia ma anche il blocco dei flussi migratori rende in realtà ricattabili noi.
Insomma, complimenti per il flop. Per come stanno andando le cose, sia Meloni che si era posta come intermediaria in questo memorandum, sia L’UE che ha voluto annunciare in pompa magna un nuovo modello per il nord Africa, dimostrano in realtà la fragile credibilità di questi accordi. A me invece rimane la domanda di quello che potremmo fare in Europa destinando all’accoglienza i soldi promessi alla Tunisia per bloccare le partenze.
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