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  • Immagine del redattoreFranz Foti

Richmen north of Richmond #USA24


Questa notte (secondo il fuso orario italiano) è ufficialmente partita la campagna elettorale per le elezioni che nel 2024 eleggeranno il prossimo Presidente degli Stati Uniti, e con essa il commento che il blog di Ossigeno ospiterà per tutta questa lunga corsa fino al novembre del prossimo anno.

Su FoxNews, il network ufficiale della destra USA, si è infatti svolto il primo dibattito tra i candidati alle primarie del Partito Repubblicano, quelle che sceglieranno chi sfiderà Joe Biden tra quindici mesi.


Nonostante i candidati fossero ben otto, a dominare la serata è stato il grande assente, Donald Trump, che ha scelto di non partecipare. Il che vuol dire che quello che è andato in onda ieri è un po' come se Italia Viva facesse un dibattito per la segreteria senza Renzi.


Come mai Trump non ha partecipato? Molto semplice: tutti i sondaggi al momento lo danno vincitore assoluto delle primarie, con il 60% dei consensi tra gli elettori del suo partito. Perché quindi confrontarsi con otto candidati che messi tutti insieme arrivano a malapena a 2/3 dei suoi elettori, quando avrebbe solo da perderci?


Vi starete forse domandando, quindi, che motivo ci sia di commentare un dibattito del genere. Per ribadire un concetto molto importante - cui fa eco anche lo stato della destra nel nostro paese, e di più ne farà nei prossimi anni: quando vi parlano di una fantomatica "destra moderata" in alternativa a Trump, vi stanno mentendo.

Non c'è. Di sicuro non c'era ieri sul palco organizzato da FoxNews. Il che vuol dire che, se anche ci fossero esponenti repubblicani moderati, conterebbero talmente poco da non essere in grado di esprimere nemmeno un candidato con lo 0,5% dei consensi nei sondaggi interni al proprio elettorato (il cut-off per partecipare ieri era sostazialmente questo).


Ma veniamo alla serata di ieri. Lo show - perché di intrattenimento, per quanto grottesco, si tratta - si apre con il video di "Richmen North of Richmond", l'ormai popolarissima canzonetta country che è diventata il nuovo inno della destra americana. Un pezzo orecchiabile - lo è davvero - con un testo che in un vertice di lirismo sopraffino se la prende con i politici ricchi e settentrionali, che sono dei pedofili cui non importa dei minatori, che vogliono controllare la mente delle persone e che tassano la povera gente per pagare l'assistenza sanitaria agli obesi. Giuro, andate a leggervelo, dice davvero così.


I conduttori partono subito con una domanda scomoda, molto tecnica: cosa ne pensate di questa canzone?

Ovviamente, tutti i candidati repubblicani la adorano . Perché è finalmente ora di dirlo, che i politici ricchi del nord sono la piaga di questo paese. Vi presento, quindi, i candidati che hanno partecipato al dibattito di ieri:

  • Doug Burgum, ex imprenditore informatico e governatore del North Dakota, molto a nord di Richmond, patrimonio personale di 1,1 miliardi di dollari

  • Vivek Ramaswamy, imprenditore biotech di Cincinnati, a nord di Richmond, patrimonio personale di 500 milioni di dollari.

  • Nikki Haley, ex ambasciatrice all'ONU ed ex governatrice della South Carolina, abbastanza a sud di Richmond, ma con un patrimonio personale di 6 milioni di dollari.

  • Asa Hutchinson, ex capo della DEA ed ex governatore dell'Arkansas, per un pelo a sud di Richmond, ma con un patrimonio personale di 5 milioni di dollari.

  • Chris Christie, ex governatore del New Jersey e lobbista, abbastanza a nord di Richmond, con un patrimonio personale di 5 milioni di dollari.

  • Mike Pence, ex Vice-Presidente ed ex Governatore dell'Indiana, a nord di Richmond, con un patrimonio personale di 4 milioni di dollari.

  • Ron DeSantis, governatore della Florida, molto a sud di Richmond, ma con un patrimonio personale di 1,1 milioni di dollari.

  • Tim Scott, senatore del South Carolina, ex imprenditore nel campo assicurativo, abbastanza a sud di Richmond e con un patrimonio personale di 200mila dollari. Ma perché li ha persi nessuno sa come, fino al 2018 era di oltre 3 milioni.

Capite quindi che la situazione è grave, ma non è seria. Il dibattito di ieri è stato una faccenda piuttosto noiosa (soffro di insonnia sin dalla più tenera età ma ieri mi sono addormentato diverse volte), in cui i candidati si sono fatti a pezzi per due ore pur dicendo grossomodo le stesse cose, e ci hanno tenuto talmente tanto a rimarcare la loro distanza da Trump che tutti tranne due - Pence e Christie - si sono già detti assolutamente disponibili a sostenere Trump come candidato presidente anche se dovesse essere condannato in tutti e quattro i processi che lo vedono imputato di piacevolezze come frode fiscale, corruzione di testimoni, sottrazione di documenti riservati, brogli elettorali, incitamento alla violenza di piazza e tentato colpo di stato.


Ma anche quando il dibattito è entrato nel vivo delle politiche, la distanza dal trumpismo è apparsa sostanzialmente nulla. Gli esempi migliori:


CAMBIAMENTO CLIMATICO

Solo Vivek Ramaswamy ha detto apertamente che per lui «il cambiamento climatico è una bufala» (per la verità venendo ricoperto di fischi persino dal pubblico di destra), ma tutti gli altri candidati hanno comunque di fatto criticato qualsiasi forma di transizione ecologica dell'economia. Da notare in particolare Nikki Haley, la quale ha detto che il cambiamento climatico è reale, ma è colpa di India e Cina, da cui dovremmo smettere di comprare pannelli solari e auto elettriche, e menzione d'onore a Tim Scott, che tra i colpevoli del cambiamento climatico ha indicato per prima l'Africa (giuro).


ABORTO

I candidati sono tutti sostanzialmente favorevoli a implementare il divieto all'aborto su tutto il territorio federale degli Stati Uniti. Contrari solo Haley e Burgum, ma solo perché secondo la prima «non ci sono i voti», mentre per il secondo sarebbe «una violazione delle libertà costituzionali», ma non delle donne di decidere del proprio corpo, dei singoli stati di legiferare come meglio credono.


ARMI - CRIMINALITÀ - EPIDEMIA DI OPPIACEI

Qua davvero si è scatenata la creatività dei candidati, grazie anche al fatto che i conduttori hanno pensato bene di collegare la questione delle armi alla criminalità nelle periferie delle grandi città.

Vi stupirà scoprire che nessuno, ma proprio nessuno, dei candidati ha citato la lobby delle armi o le multinazionali dei farmaci, come responsabili di queste crisi.

Christie, un ex procuratore federale noto per i suoi record di arresti delle minoranze, ha detto che alla Casa Bianca in pratica occuperebbe le procure federali di tutto il paese per ordinare loro di fare il proprio lavoro, cioè più arresti. Perché non c'è un problema di armi, negli USA, ma solo di criminalità.

Ramaswamy ha detto che bisogna lasciare che la polizia faccia il proprio lavoro senza la paura di ripercussioni legali (!), che ci vogliono più ospedali psichiatrici, ma soprattutto che quella degli Stati Uniti è una crisi di identità che solo la religione può risolvere.

DeSantis ha detto che è colpa di George Soros che finanzia le procure di sinistra che non vogliono fare il proprio lavoro.

Hutchinson, già capo della Drug Enforcement Agency, ha detto che la colpa dell'epidemia di oppiacei è colpa del Messico. Si vede che non ha visto Dopesick.


In conclusione, l'unico dato che si può davvero trarre da questa prima, imbarazzante tappa della lunga marcia verso le presidenziali del prossimo anno è che il favorito tra gli sfidanti di Trump, cioè DeSantis, è sembrato molto macchinoso e ripetitivo, incapace di prendersi il centro della scena neppure quando circondato da una banda di squinternati di prima categoria come quella vista ieri. Forse perché il primo ad esserlo è lui.


Al momento, Trump può dormire sonni tranquilli. Per lo meno fin quando è a piede libero.

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