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Immagine del redattoregiuseppe civati

Sì, certo, la crisi climatica: ma chi paga?



Un eccellente pezzo di Valori ribadisce e rilancia cose che da queste parti si sostengono da tempo. Che la crisi climatica ha un costo così come ce l’ha la transizione e che lo deve sostenere chi ha di più. I paesi più ricchi e i più ricchi anche all’interno dei singoli paesi. Scusate la franchezza. Scrive Valori: "«Tutti gli individui contribuiscono alle emissioni, ma non allo stesso modo», dice chiaramente lo studio sulle disuguaglianze climatiche. Nello specifico, l’umanità è divisa in tre. Al vertice c’è un 10% che genera poco meno della metà dei gas serra in atmosfera e ha in mano anche il 76% delle risorse, le stesse risorse che sarebbero indispensabile per arginare la crisi climatica. All’estremo opposto c’è la metà dell’umanità, quella che subisce la stragrande maggioranza dei danni, non ha abbastanza soldi per difendersi ma non ha nemmeno colpe, emettendo appena il 12% dei gas serra".

Questa chiarezza è finora mancata al dibattito pubblico sul clima ma è la chiave per non fare la guerra ai poveri usando “anche” il clima e per chiedere a chi ha più disponibilità di mettersi in gioco, per una piccola porzione delle sue fortune.

Per questo ripetiamo: clima, progressività, patrimoniale. Insieme proponiamo cose che si possono fare subito, come i modelli diffusi di produzione di energia – le Comunità energetiche, che dobbiamo metterci a creare ovunque. Leggete Valori e, se vi va, anche questo pezzo di Struzzi! (People, 2023).


Sì, ma chi paga?


Scherzando abbiamo lanciato un tormentone: «clima, progressività, patrimoniale». Non è una giaculatoria, è un ragionamento logico. La strategia che qui si propone, infatti, tiene conto delle necessarie mitigazioni sociali e delle modalità per rendere questa transizione possibile. Non possono essere i ceti meno abbienti a sobbarcarsi una tale spesa, né possiamo pensare che si possa fare tutto a debito. Ci sono, anche in campo energetico, i ricchi e i poveri. E della povertà energetica non si può fare finta di nulla. Si deve ridurre quella distanza, con un modello diverso, forme di partecipazione, investimenti mirati, prestiti perché la situazione si possa affrontare. È come se si trattasse di un gigantesco mutuo sulla casa, una casa grande come il pianeta. Nella convinzione che molti di questi investimenti porteranno a consistenti risparmi e a un modello più sostenibile, dal punto di vista climatico e però anche sociale – non potendosi disgiungere i due elementi.

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