Il Presidente della Tunisia Saïed ha definito disumana e inaccettabile la soluzione di ospitare in Tunisia migranti in cambio di somme di denaro. Ora, non credo che questa affermazione derivi da un animo compassionevole di Saïed nei confronti dei migranti. Ma ci arriviamo.
Guardiamo prima a noi. Sin dal principio dell’insediamento del suo governo, Meloni ci è andata sotto con la Tunisia soprattutto per quanto riguarda i flussi migratori. Da ultimo ha coinvolto anche Ursula Von der Leyen e Mark Rutte per un Memorandum UE-Tunisia nell’ambito della lotta contro la migrazione irregolare, il rafforzamento delle frontiere, gli scafisti del globo terracqueo… Insomma la cantilena la conosciamo. Si parla già di 900 milioni di euro da destinare alla Tunisia nell’ambito del Memorandum che si mira a firmare entro fine giugno.
All’UE va anche bene. Dopo anni di tentativi falliti nel cercare di riformare Dublino, il passo "europeo" di spartire le responsabilità della gestione dei flussi migratori sembra essere molto lontano. E allora guardiamo fuori. D’altronde lo abbiamo già fatto con la Turchia, la Libia e il Niger. Ora guardiamo alla Tunisia. Ma in Tunisia c’è Saïed.
Dodici anni fa Saïed si è proposto come colui che avrebbe salvato la Tunisia per dare voce alle primavere arabe e ripulire la democrazia tunisina. Solo che poi la democrazia l’ha fatta sparire. A luglio del 2021 Saïed ha riferito che avrebbe “sospeso la democrazia, ma solo per un breve periodo”. Si sbarazza del premier in carica, congela il parlamento e il consiglio superiore della magistratura, sospende la costituzione del 2014 adottata dopo la primavera araba e la caduta del regime di Ben Ali. Dice che presenterà una road map per affrontare il nepotismo e la corruzione legate al partito dei fratelli mussulmani. Da qui a volere una democrazia senza partiti il passo è stato breve. La polizia tunisina ha chiuso tutti gli uffici degli altri partiti e vietato qualsiasi riunione. Da allora la Tunisia ha adottato una nuova costituzione che ha instaurato un sistema iper-presidenziale e Saïed ha progressivamente accentrato il potere attorno a lui, reprimendo con violenza le proteste. Poi c’è un altro problema. Il malessere economico e sociale che rimane immutato da ancor prima delle primavere araba. Inoltre, la Tunisia è diventata un paese di transito di flussi migratori provenienti dall’Africa sub-sahariana. E qual è il capro espiatorio su cui indirizzare la rabbia dei cittadini che Saïed ha trovato? E perché proprio i migranti?
Lo scorso 21 febbraio Saïed ha pronunciato un discorso davanti al consiglio di sicurezza nazionale e ha appoggiato pubblicamente le teorie del grande complotto per cui i migranti starebbero tentando una sostituzione etnica. Parla di “orde di migranti” provenienti dai paesi sub-sahariani e sostiene che l’immigrazione clandestina faccia parte di “un complotto per modificare la demografia della Tunisia”. In realtà i numeri sono gonfiati e l’appello alla sostituzione etnica serve a far distogliere l’attenzione dalla crisi economica dilagante nel paese. Se la comunicazione vi ricorda qualcosa tranquille, lo ricorda anche a me.
Saïed però si spinge oltre la comunicazione. Dalle denunce di Amnesty International emerge che il presidente tunisino incita alla violenza verso i migranti neri. Amnesty International e Avvocati Senza Frontiere riportano che dall’inizio di febbraio almeno 840 migranti, studenti e richiedenti asilo neri africani sono stati arrestati in varie città della Tunisia. In generale vige un clima violento e ostile per cui i migranti vengono cacciati dalle loro abitazioni e i loro beni personali vengono rubati o distrutti. A Tunisi nel centro di detenzione di Ouardia non si risparmia la violenza di polizia sui migranti.
Tra questo scenario, crisi economica e fondi del FMI bloccati (qui si aprirebbe tutta un'altra parentesi) aumentano le partenze di migranti tunisini e non verso l’Europa. Nei primi tre mesi del 2023 la Tunisia diventa il primo paese di partenza dei flussi via mare sostituendosi al primato della Libia.
A seguire il colpo di genio della nostra premier di guardare alla Tunisia come prossimo paese che “accoglierà” i migranti al posto nostro. Guardando alle dinamiche internazionali, spostare il blocco dei flussi migratori in Tunisia vuol dire porre un’arma di ricatto nelle mani dell’autoritario Saïed, ricatto che non si è risparmiato di usare Erdogan nel 2020 con i rifugiati siriani. Insomma, più potere agli autoritari e meno a noi. Tutto per “aiutarli a casa loro”, anche se per molti quella non è casa loro e non è nemmeno un paese sicuro. Di mezzo, come sempre, ci va la vita di donne uomini e bambini migranti.
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