"Dopo aver attentamente considerato e soppesato le testimonianze e le prove, la corte giunge alla seguente conclusione: Google è un monopolista e ha agito come tale per mantenere il suo monopolio."
Così ha dichiarato ieri il giudice Amit P. Mehta durante la lettura della sua sentenza al termine del processo Stati Uniti contro Google. Il magistrato ha dato ragione al governo americano, che ha accusato il colosso del web di abuso di posizione dominante e violazione delle leggi statunitensi sull'antitrust.
Si tratta di una sentenza storica, che la prima che sancisce in termini chiarissimi - e in una relazione dettagliatissima di 277 pagine - come Google abbia negli anni utilizzato la sua posizione di dominio assoluto nel mercato hi-tech per trasformarsi in un monopolio con cui è di fatto impossibile competere.
Le due condotte che più delle altre tradiscono questa strategia sono, secondo il giudice,
le cifre esorbitanti che Google investe ogni anno per essere il motore di ricerca di default di browser concorrenti del suo Chrome come Mozilla Firefox e Safari - in particolare, solo nel 2021 Google ha pagato 18 miliardi di dollari a Apple per assicurarsi questa esclusiva;
il considerevole - e ben oltre gli standard del mercato - aumento del costo dei prodotti pubblicitari offerti da Google, giustificabile solo dalla consapevolezza di esercitare una posizione di tale dominio da scoraggiare il passaggio alla concorrenza da parte dei suoi clienti.
Google, da parte sua, si è difesa sostenendo che la sua posizione di prevalenza nel mercato è dovuta esclusivamente al fatto che i prodotti che offre al pubblico sono di qualità nettamente superiore a quella della concorrenza, ma a questo nella sentenza il giudice Mehta ha ribattuto che è proprio grazie alla sua posizione di dominio che è in grado di assicurarsi livelli qualitativi non sostenibili dalla concorrenza. Detto in soldoni, la sua fetta di mercato è talmente grande da negare alle altre aziende la possibilità di crescere e quindi di investire per migliorare i propri prodotti.
Ovviamente non è finita qui, Google ha già annunciato che ricorrerà in appello, ma questa sentenza darà sicuramente una spinta alle cause intentate dal governo americano a Apple e Meta (Facebook), e in futuro probabilmente ad Amazon.
Dobbiamo inoltre aspettare l'udienza in cui sarà stabilite le penali che Google si vedrà infliggere, e che potrebbero arrivare fino all'obbligo di cedere alcuni rami dell'azienda, come già accaduto a Microsoft una ventina d'anni fa.
Perché ci interessa? A parte l'ovvia ragione che i monopoli sono un danno per la cittadinanza e per l'economia, e ogni forma di contrasto è benvenuta, c'è anche da considerare che il dominio assoluto dei colossi del web di cui sopra permetterebbe (permetterà?) loro di controllare una delle partite più importanti del futuro prossimo, cioè quella dell'intelligenza artificiale, le cui implicazioni sono oggetto di dibattito ormai da anni e che semplicemente non possiamo permetterci come società diventi l'ennesimo oligopolio.
Komen