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  • Immagine del redattore Paolo Cosseddu

Shibboleth




Nella Bibbia, in particolare nel Libro dei giudici, si racconta che dopo una battaglia i galatiti presidiavano un fiume per catturare gli efraimiti in fuga, ma siccome non sapevano come distinguerli chiedevano loro di pronunciare la parola “shibboleth”, poiché nella lingua del nemico non esisteva il corrispettivo del suono “sh” (quello dell’italiano “sciarpa”, per capirci). Il termine, che aveva significato proprio, nel corso dei secoli è poi diventato sinonimo di “parola d’ordine”, ovvero un modo per distinguere gli amici dai nemici, di identificare un gruppo da un altro.

Oggi, anno di (poca) grazia 2023, il governo Meloni sembra aver trovato la propria aggiornata e rivista versione dello shibboleth, proponendo un “giro di vite” sui migranti minori per individuare “chi mente” - i minorenni avrebbero infatti diritto all’accoglienza senza distinzioni di sorta -, ma senza chiedere loro di pronunciare qualche parola italiana particolarmente difficile, no, piuttosto effettuando qualche esame medico coatto, ad esempio radiografie a chi arriva per stabilire lo sviluppo di alcune grandi ossa, la cui crescita prosegue fino a un’età che va tra i 18 e i 25 anni.

Ora, pensateci: ragazzini e ragazzine che arrivano - se gli va bene - nel famoso “porto sicuro” dopo una traversata d’inferno, affamati, assetati, spaventati, in genere scalzi (le scarpe rischiano di bucare i gommoni, e sono d’ostacolo se poi a un certo punto le cose si mettono al peggio e bisogna nuotare), e a quel punto, come se non bastasse, devono mettersi in fila per le radiografie. Non per il loro bene, e non per stabilire se hanno patologie che necessitano cure, pratica che persino un secolo fa si usava a Ellis Island, quando per inciso i migranti eravamo noi, no, per scovare i presunti furbetti, per “sfoltire il gregge” (e se l’immagine vi fa venire in mente i nazisti, beh, forse è perché effettivamente qualche somiglianza c’è).

Curiosamente, peraltro, costretti da quelli spesso che si lamentavano della dittatura sanitaria, che evidentemente è un problema solo per i bianchi di pelle. E a dispetto degli italiani “doc”, a cui per gli stessi esami toccano liste d’attesa eterne, crudele ironia.

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