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  • Immagine del redattore Paolo Cosseddu

Si. Può. Fare.

Ah, ma allora si può fare. Si può fare profitto senza per forza schiavizzare i lavoratori. Si può creare un sano ambiente aziendale. Si può competere a livello internazionale. Anzi, di più, si può addirittura diventare leader mondiali nel proprio settore. E si può fare un welfare aziendale, a quanto detto da molti osservatori e dagli interessati, di primissimo livello.


Beh, è sorprendente, perché invece avevamo capito che devi ringraziare se hai un lavoro, che non puoi pretendere di sapere quanto ti pagano, di avere giorni di riposo, la malattia garantita, i congedi di maternità e di paternità, figuriamoci. Che è meglio se il lavoratore e soprattutto la lavoratrice “hanno già fatto tutti i giri di boa”, così “se dovevano far figli li hanno già fatti”. Avevamo capito che se un lavoratore fa domande sul suo futuro, sulla sua personale sicurezza, allora sta già mettendo le mani avanti, vuol dire che non ci crede abbastanza.


Insomma è molto curioso, fa un effetto molto strano, vedere in questi giorni il mondo dell’impresa e tutto quel che gli gira intorno, iniziando dai giornali di proprietà dei grandi gruppi industriali, celebrare dopo la sua morte la vita e i risultati di Leonardo Del Vecchio, presidente di EssilorLuxottica. Fa strano vedere tanti suoi colleghi rendere omaggio a un modello d’impresa che loro si rifiutano di applicare, che spacciano per impraticabile, e che tra le altre cose garantisce equo compenso e vita dignitosa ai dipendenti quando poi, rappresentati da Confindustria, gli stessi combattono una guerra furibonda contro una legge che fissi un salario minimo.


Fa tristezza, soprattutto, un capitalismo straccione che gioca sempre al ribasso, che delocalizza dove il lavoro costa meno e pazienza per i diritti dei lavoratori e per la qualità dei prodotti, che cerca la scappatoia fiscale in Italia o meglio ancora in qualche paradiso, che incassa gli incentivi pubblici e poi se le cose vanno male ributta i propri fallimenti sulle spalle della collettività.


Certo magari non è tutto oro quel che “luxica”, e qui si pensa che un welfare universale, ovvero pubblico e generato da una più equa fiscalità e progressività, sia preferibile a quello aziendale, per quanto generoso. Ma da qui a nessun welfare ce ne passa, no? Con che coraggio, uno che partecipa a convegni e si fa intervistare si permette di disquisire di impresa quando magari paga i suoi dipendenti quattro euro all’ora, quando li costringe al nero, quando subappalta e si affida a cooperative che a loro volta passano la palla ad altre cooperative e così via ad libitum finché alla fine della catena ci sono magari migranti ovviamente senza nessuna possibilità di regolarizzazione, che vivono ammassati in baracche, vessati e spremuti a rischio della loro stessa vita? Questi non sono imprenditori, sono grassatori. Il loro modello non è certo Luxottica, ha più a che fare con la Compagnia delle Indie, con la depredazione delle risorse e la riduzione in schiavitù delle persone.


E non è che per questo qui si voglia fare una celebrazione della ricchezza. Qualcuno ha postato sui social la foto dello yacht di Del Vecchio, sottolineandone l’opulenza, e si è visto accusare di odio sociale. Non per odio, ma per banale giustizia, l’accumulo incondizionato dovrebbe avere qualche limite, quando raggiunge certi livelli che sono semplicemente insensati. Ma questa è una discussione che in questa fase storica non è nemmeno sul tavolo, anzi, l’inconcepibile ricchezza è popolare e incredibilmente lo è soprattutto fra tantissimi che hanno poco o niente. No, qui stiamo parlando di faccende molto più terra-terra. Nemmeno del pane, ma delle briciole. Di insta-imprenditori che si fotografano al volante della loro Pagani Zonda quando magari i macchinari della loro azienda sono obsoleti, quando fanno le barricate per aumenti di pochi euro ai dipendenti, quando si lamentano della transizione ecologica perché invece di investire in innovazione tecnologica hanno preferito mettere le (loro) risorse in villoni vista mare.


Se il capitalismo fosse quell’organismo capace di autoregolarsi che molti suoi sostenitori teorizzano, questa gente verrebbe espulsa dal mercato a calci nel sedere. Invece, ci tocca pure sorbirceli mentre pontificano, e mentre ipocritamente celebrano qualcuno che con loro non ha davvero nulla in comune.

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