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Anche se ancora con troppi condizionali, la Commissione europea dovrebbe a breve presentare una proposta per vietare i tirocini gratuiti post laurea o post diploma. La svolta sarebbe avvenuta nelle scorse settimane, dopo l’approvazione al Parlamento europeo della risoluzione n. 2020/2005(INL) dello scorso giugno 2023 con la quale si invitava «la Commissione ad aggiornare la raccomandazione del Consiglio del 2014 e a trasformarla in uno strumento legislativo più forte». In particolare, il Parlamento sottolineava la necessità di aggiungere nuovi principi al Quadro di qualità per i tirocini di cui alla citata Raccomandazione del Consiglio al fine di migliorare la qualità dei tirocini medesimi e di facilitare la transizione di tutti i giovani dall'istruzione al mercato del lavoro. L’obiettivo dovrebbe essere raggiunto, tra le altre cose, includendo l’accesso a «un'adeguata compensazione da parte dei tirocinanti in linea con il costo della vita» nonché «l’accesso alla protezione sociale da parte dei tirocinanti conformemente ai regimi nazionali». Norme ragionevoli e in linea con le aspettative degli stessi tirocinanti.
In Italia ovviamente tutto tace. Dal tentativo del governo Draghi espresso nelle norme inserite in Legge di Bilancio 2022, con le quali si invitavano le Regioni all’adozione di nuove linee guida in materia di tirocini extra-curricolari “secondo criteri che ne circoscrivano l'applicazione in favore di soggetti con difficoltà di inclusione sociale” (L. 234/2021, /art. 1, c. 721, lett. a), poi bocciate dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 70/2023 in quanto lesive della competenza regionale residuale in materia di "formazione professionale", nulla è più cambiato.
Il rapporto ANPAL 2022 ci offre una panoramica abbastanza eloquente sui tirocini, in particolare sul tipo cosiddetto extra-curriculare. Nel triennio 2019-2021, nonostante la sospensione dovuta alla pandemia, sono stati attivati quasi un milione di tirocini extra-curriculari. L’80 per cento di essi viene attivato con la finalità dell’inserimento o reinserimento lavorativo del tirocinante. Marginali invece le quote di tirocini attivati per orientamento e formazione (12,3 per cento) o per l’inclusione sociale (7,1 per cento). Il 23 per cento dei tirocini viene attivato dichiaratamente per lo svolgimento di mansioni esecutive nel lavoro d’ufficio; il 9,3 per cento per lo svolgimento di mansioni non qualificate.
Le statistiche certificano come il tirocinio extra-curriculare si sia ormai configurato come una “forma contrattuale” utilizzata dalle imprese per coprire posizioni lavorative senza dover sostenere i costi retributivi e previdenziali del lavoro subordinato. Il grado di decadimento del tirocinio - oggi più simile a un “garzonato” (cfr. M. Tiraboschi, La regolazione dei tirocini: una materia non contrattuale? in Contrattazione Collettiva, 11/2020, pp. 4 – 5), dovrebbe suggerire un intervento legislativo per ridurre questo abuso e ricondurre le aziende alla scelta in favore di forme contrattuali regolate, come quella dell’apprendistato.
Resta da capire se per davvero l’iniziativa della Commissione europea possa giungere a buon fine in un contesto come quello attuale, di fine legislatura e della presenza in seno al Consiglio di posizioni avverse a riforme che estendano il diritto del lavoro. Ogni riferimento alla recente bocciatura della proposta di Direttiva sui diritti dei lavoratori digitali non è casuale.
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