Tommaso Faoro
Tra cimeli e nani da giardino

Negli ultimi mesi, dopo il cambio di Governo ma non solo, il dibattito pubblico nel nostro Paese è stato dominato sostanzialmente da tre domande fondamentali: la pinsa romana è poi così diversa dalla più tonda pizza? Il padel è solo un tennis con delle racchette più brutte o magari è uno sport totalmente diverso? Ma soprattutto: la destra italiana di oggi è riuscita a tagliare i ponti con i fantasmi del fascismo, a differenza di formazioni come Msi e an? L’abbiamo chiesto all’unica persona che avrebbe potuto darci un punto di vista obiettivo e originale sulla vicenda: “Cambiasso”, il busto del Duce che da anni risiede sul comò della camera da letto milanese del neopresidente del Senato, Ignazio La Russa.
Il busto ci aspetta in un negozio di modernariato nel centro del capoluogo lombardo, per non dare nell’occhio indossa un cappello da Napoleone e gli occhiali di Groucho Marx. Ha un’aria serena ma un po’ mesta, quando ci vede entrare nel negozio non si alza neanche in piedi e non solo perché non ha le gambe.
Signor Busto, partiamo dall’inizio: come ha conosciuto l’attuale presidente del Senato Ignazio La Russa?
È stato un incontro fortuito. Lui stava facendo un giro tra le bancarelle di un mercatino dell’usato per arredare la casa nuova. Io mi trovavo lì perché messo in vendita da una famiglia di figli di partigiani appassionati della Premiata Ditta, che proprio in quei mesi si erano accorti che non ero Roberto Ciufoli. Lui in realtà di busti del Duce già ne aveva tanti – di tutti i colori e di tutti i materiali, per giunta. Snodabili, componibili, radiocomandati… io ero solo un banale Mussolini in bronzo – anzi, a dirla tutta io avrei una copertura in bronzo ma dentro sono fatto di una mistura di gesso e biscotti McVitie’s –, non avevo particolare valore. Infatti, non a caso, per i primi mesi mi ha relegato a fermaporta, e in quel periodo i gatti di famiglia venivano a usarmi come tiragraffi. Ne ricordo uno che si accaniva con particolare foga: Dimitri, un blu di Russia che poi si è scoperto avere simpatie socialiste, infatti di lì a poco è stato venduto a Oliviero Diliberto, se non sbaglio. Poi dopo un po’ sono stato trasferito sul comò della camera da letto, ogni tanto la moglie mi mette addosso orecchini e collane e mi usa come portagioie, ma in generale non mi posso lamentare.
Quali sono i suoi rapporti con il presidente?
Ne approfitto subito per sfatare un mito: tutto questo affetto e questa riverenza nei miei confronti da parte dell’Onorevole sono esagerati dai media. Ad altri busti fa l’inchino, la domenica li lucida con il Sidol… ce n’è uno in ingresso che l’anno scorso è stato mandato alla Abarth per rifare la cromatura. Gli ha messo la vernice color rosso sangue di piccione, sembra una Corvette. A me invece tutte queste attenzioni non le ha mai dedicate. Forse anche per questo sono venuto da voi a togliermi qualche sassolino dalla scarpa.
E nello specifico che cosa gli rimprovera di più?
Per esempio tutti gli altri busti, soprattutto quelli nel corridoio, quelli illuminati coi faretti, indossano una maglia dell’Inter, e ogni anno gli compra quella nuova. Solo l’anno scorso ha lasciato quella dell’anno prima perché diceva che la maglia pitonata era roba da Santanchè. Però per il resto li ha sempre acchittati a festa: in sala da pranzo c’è un Duce in marmo rosso con la maglia di Adriano, al posto del basamento gli ha messo delle gambe da manichino per mettergli pure i calzoncini. Ecco, a me cose del genere non sono mai capitate, ricordo solo quella volta che per scherzare mi ha messo la maglietta di Pierino Fanna come turbante, ma poi me l’ha tolta subito.
Cosa c’è di vero in questa storia dei cimeli fascisti? La casa è veramente disseminata o ci sono solo alcuni pezzi da collezione?
Su questo devo essere sincero: obiettivamente in giro per casa di duci e affini un po’ ce ne sono, soprattutto negli ultimi tempi sono arrivati degli articoli nuovi che – non vi nascondo – hanno suscitato in me un po’ di gelosia. Da Natale scorso, per esempio, dietro il portone d’ingresso c’è questo Duce a pile che, quando ci passi davanti, balla e canta Allarmi siam fascisti, con tutte le lucine tricolore che sfarfallano. Lui lo adora, gli ho visto passare dei pomeriggi interi a fare dentro e fuori dalla porta, rideva come un bambino. Poi a settembre il dottore gli ha trovato le transaminasi alte e l’ha messo a dieta, allora degli amici dell’Inter Club Predappio gli hanno mandato questo piccolo aggeggino, un sensore magnetico da mettere sulla porta del frigo che, quando lo apri, urla «Boia chi mangia!», così, se sta facendo uno spuntino fuori pasto, la moglie se ne accorge e viene a manganellarlo. Il vero problema in casa comunque sono i duci da giardino: c’era un periodo in cui se ne faceva spedire uno nuovo a settimana, erano diventati un’ossessione, ormai in cortile c’erano solo quelli, li aveva messi pure sull’orto della moglie. I figli hanno dovuto darne via quasi la metà, so che alcuni adesso stanno nell’asilo comunale di Rho.