Marilena Umuhoza Delli
Un’educazione antirazzista, decoloniale e intersezionale

Oggi mia figlia ricomincia la scuola. Dopo una notte quasi insonne e una colazione veloce, abbiamo sceso i 98 gradini del nostro palazzo e abbiamo ritrovato compagne, maestre e genitori. L’ho guardata mettersi diligentemente in fila, lo zaino blu coi fiocchi che rimbalzavano a ogni passo, mentre seguiva la maestra senza mai voltarsi indietro per salutarmi. Lei è fatta così, ama la scuola da impazzire e il resto, la sottoscritta che si sbraccia con le lacrime agli occhi, è solo contorno alla sua giornata.
Più di trent’anni fa, quando al posto di mia figlia c’ero io, le cose sarebbero andate diversamente. Ad attendermi sullo scuolabus c’erano i bambini di quinta, coi loro cori razzisti e le pallottole di carta sempre a portata di mano. In più, dopo l’ennesimo trasloco, avrei dovuto confrontarmi coi nuovi compagni e le nuove maestre della scuola — come sempre, ero l’unica alunna afrodiscendente di tutto l’istituto.
Sedere tra i banchi di scuola italiani per me ha voluto dire studiare su libri di testo scritti prevalentemente da autori maschi bianchi, leggere storie e guardare illustrazioni con protagoniste solo persone bianche, essere bullizzata per via del colore della mia pelle e a volte essere chiamata a parlare di Africa, come se dovessi sapere tutto di un’intero continente solo perché mia madre era rwandese.
Oggi guardo alla scuola attraverso gli occhi di mia figlia. Questo comporta da un lato, ritornare bambina con rinnovata speranza e ottimismo, ma dall’altro, rivivere alcuni traumi rimossi (dal compagnetto che non vuole giocare con te perché hai la mamma “marrone”, alle recite scolastiche in cui gli “africani” sono cannibali).
Ho cresciuto mia figlia circondandola di bambole, libri e esperienze che hanno sempre posto al centro la multiculturalità. A differenza di me da piccola, lei ha con sé strumenti che la aiuteranno a navigare la scuola con sicurezza e equilibrio, rendendola orgogliosa della sua preziosa eredità culturale —quell’eredità per niente valorizzata dai miei maestri e dalle mie professoresse.
Lettera di una madre afrodiscendente alla scuola italiana vuole fare proprio questo: restituire la parola alle persone marginalizzate, attraverso un’educazione antirazzista, decoloniale e intersezionale.
Nei tempi bui in cui le istituzioni non fanno nulla di fronte al crescente razzismo e ai casi di femminicidio in aumento, calpestando i diritti della comunità LGBTQIA+ e promuovendo politiche abiliste, la responsabilità della scuola nel creare una contro-narrazione e riporre l’attenzione sulle “minoranze” invisibilizzate è cruciale. Il che non è semplice nell’era dei palinsesti tv strumentalizzati dalla maggioranza politica, in cui non c’è ombra di uomini o donne razzializzate.
Eppure le persone afrodiscendenti rappresentano un tassello prezioso nella Storia d'Italia: da imperatori romani come Caracalla e Settimio Severo, a partigiani morti per la patria come Giorgio Marincola, la nerezza ha sempre fatto parte dell’identità italiana. Per questo è importante riportarla nei libri di testo scolastici.
Lettera di una madre afrodiscendente alla scuola italiana è una guida preziosa, che in dieci punti vuole educare alla bellezza dell’inclusione, per una società più equa, empatica e aperta alla splendida varietà del mondo.
Attingendo dalla mia esperienza di insegnante e autrice di libri e articoli con tema centrale l’antirazzismo e l’inclusione, ho creato un testo che affronta temi urgenti e attuali.
Il primo punto riguarda la necessità di decolonizzare la scuola italiana dagli stereotipi di matrice coloniale annidati nei mass media e nei libri di testo.
Dopo un’analisi approfondita del razzismo presente in Italia, approfondisco il tema delicato del privilegio e della fragilità bianca, per decostruire il razzismo interiorizzato e aprirsi in modo attivo all’ascolto dell’altro.
Lo studio dell’universalità delle migrazioni è lo step successivo: creare cioè una contro-narrazione all’allarmismo diffuso da giornali e tv in tema di immigrazione, l’unica via per restituire umanità e normalità a un fenomeno che ha sempre fatto parte della nostra storia, e che va studiato con i giusti strumenti educativi.
Dalla necessità di un linguaggio inclusivo all’importanza di raccontare la multietnicità italiana, e dallo smantellamento delle politiche della vergogna alla valorizzazione di tutte le voci, Lettera di una madre afrodiscendente alla scuola italiana pone l’accento su un’educazione non più eurocentrica ma plurale, allargando gli orizzonti alla straordinaria varietà del mondo e riflettendo sui diversi livelli di disuguaglianza. Solo così avremo giovani rispettosi, empatici e consapevoli; solo così avremo un futuro e una società più equa e inclusiva.