Ma è mai possibile che, mentre mezza Italia si barcamena tra caldo africano e monsoni tropicali, ci siano giornalisti e personalità pubbliche che ci scherzano sopra? Non si può, dai. Non si può continuare a permettere che buona parte della stampa affronti l’emergenza climatica come se fosse un dibattito, in cui a fronte di dati condivisi dal 99,99 per cento della comunità scientifica internazionale si debba comunque dare uno spazio uguale al matto con lo scolapasta in testa che dice l’opposto. Non è una cosa civile. Sì, Vittorio Feltri, parliamo di te. E anche di te, moroso di Giorgia Meloni. E di te, Cruciani della Zanzara. Basta.
Ma la galera, addirittura? Che dire, è lo spirito dei tempi, ci stiamo solo adeguando. In fondo, abbiamo un Governo convinto che la galera sia la risposta a tutto, e non si capisce perché dovrebbe valere per i rave party, per la Gpa, per le canne e non per gente che sparge disinformazione dagli effetti ben più nefasti. E, se non si può, inventiamoci qualcosa. Facciamo cancel culture con le aziende che comprano spot e inserzioni in quelle trasmissioni e su quei giornali. Poiché quando le catastrofi naturali colpiscono i settori produttivi Confindustria non sembra poi così insensibile al tema ambientale, e va direttamente a chiedere soldi allo Stato, la prossima volta li prenda dallo stipendio di Cruciani, visto che la radio che lo ospita è la loro.
Populismo? Può darsi, ma hanno cominciato loro.
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