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  • Immagine del redattoreFranz Foti

Una tragica nostalgia di manicomio


Nel centenario della nascita di Franco Basaglia, la destra italiana sceglie di celebrarlo allargando anche alla salute mentale il fronte della sua guerra contro i diritti e per abbattere le conquiste di libertà e democrazia degli ultimi 80 anni. Il disegno di legge 1179 presentato da Fratelli d'Italia al Senato e l'emendamento 92 della Lega alla decreto legge 92 sul carcere rappresentano un autentico tentativo di colpo di mano per svuotare la Legge 180 del 1978 e reintrodurre gli ospedali psichiatrici giudiziari.


Come sottolinea la presidente del Forum Salute Mentale Carla Ferrari Aggradi, intervistata da Collettiva, nelle due proposte "ci sono due concetti di fondo che si ripetono in modo diverso – afferma –: nel disegno di legge di Fratelli d’Italia traspare l’idea che il servizio psichiatrico debba essere finalizzato alla difesa di operatori, familiari e pazienti dalla violenza e dall'aggressività, e che quindi debba essere  pensato con criteri securitari e difensivi. Non vengono invece date le risposte che la vita di un paziente e il suo vissuto di dolore richiedono. Se si è troppo occupati nella difesa, non si può dare aiuto. Nell’altro provvedimento, quello targato Lega – prosegue – l’idea di fondo è quella di un’impostazione non di collaborazione col privato, ma di grande presenza del privato stesso di tutti i tipi e generi nel servizio sanitario, compreso quello psichiatrico. Noi siamo per un servizio sanitario psichiatrico pubblico universalistico per tutti, anche se poi sicuramente ci può essere la collaborazione col privato sociale, una collaborazione però all’interno delle linee che il sistema sanitario nazionale prevede, con la prevalenza del pubblico sul privato. Invece nel pensiero alla base della legge della Lega prevale il passaggio al privato."


Gli indizi di quella che nel suo appello il Forum Salute Mentale definisce "una tragica nostalgia di manicomio" sono molti: la prevalenza del ruolo delle comunità rispetto alla sanità territoriale; il continuo richiamo all'aumento di posti letto, cui andrebbe destinata la maggior parte dei fondi; il raddoppiamento della durata del trattamento sanitario obbligatorio, che potrebbe essere fatto anche nelle carceri; la creazione di quelli Franco Corleone ha chiamato nell'ultimo numero de L'Espresso "piccoli manicomi", facendo rinascere gli opg sotto forma di strutture a gestione sanitaria/giudiziaria con la presenza della “polizia interforze”; la mancanza di ogni riferimento al superamento della contenzione; la centralità dell'approccio securitario e la totale assenza di riferimenti alla centralità della persona e dei suoi diritti; la confusione di ruoli tra salute mentale e psichiatria.


Proposte gravi e pericolose, cui è necessario opporsi e su cui va tenuta alta l'attenzione. Se l'emendamento della Lega è stato per ora accantonato, il disegno di legge di FdI potrebbe ancora diventare legge. Entrambi, poi, si inseriscono nel solco dell'eterna opposizione della destra italiana al lavoro di Franco Basaglia e di chi negli anni ha provato a portare avanti il suo lavoro, come racconto in "Franco Basaglia. La libertà è terapeutica". Ed è ormai consuetudine che in ogni legislatura si faccia il tentativo di stravolgere la legge 180, o di svuotarla di significato. Come scrivo nel libro, infatti:


"Mentre è facile riconoscere gli intenti di chi rimpiange i manicomi, o di chi vuole tornare a dividere il mondo tra “normali” e “devianti”, molto più subdola è la reazione che non si rivela. Non è necessario negare la Legge 180, è sufficiente sminuirne le ricadute pratiche fino a svuotarla di ogni significato: se si riducono le articolazioni territoriali, se si tagliano i fondi al personale e ai servizi di assistenza, se si riduce il ruolo della cooperazione sociale, se – come avviene in molte Regioni – i gruppi appartamento sono tutti curiosamente nello stesso palazzo, casualmente nel luogo più rimosso dal salotto buono cittadino, e magari capita che le persone siano assegnate ai vari appartamenti in base ad antichi criteri “diagnostici”, ecco a voi il manicomio diffuso. E chi lo ha così pensato sarà certamente il primo a riconoscere i meriti della riforma, la necessità di cambiamento rispetto al passato. In fondo, si tratta della stessa modalità con cui si lascia andare a picco il Servizio sanitario nazionale, rendendo inevitabile e “preferibile” il ricorso al privato, tra personale medico umiliato ed esasperato, liste d’attesa interminabili e finanziamenti vergognosamente insufficienti. Lo stesso vale, ovviamente, per chi dichiara di non avere alcuna intenzione di mettere mano alla 194: non è necessario proibire l’aborto, basta renderlo impraticabile, assumendo solo medici obiettori, tagliando i consultori e finanziando piuttosto i gruppi “pro-vita” perché possano più efficacemente fare resistenza al libero esercizio da parte delle donne dell’autodeterminazione, magari in nome di una grottesca 'difesa del diritto a non abortire'".


Non dovrebbe stupirci il fatto che chi vuole riportarci indietro sui diritti sociali e civili voglia fare lo stesso con il diritto di autodeterminazione delle persone con una malattia mentale: i diritti si tengono tutti insieme, e negarne uno significa negarli tutti. Non ci stancheremo di ripeterlo, né di batterci per difenderli.




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