E così, mentre nel centrosinistra è grande la confusione sotto al cielo, e si discetta di campi e di fiori – e di erbacce, anche –, Marina Berlusconi fa sapere che a lei gli euroscettici non piacciono e che confida in un grande risultato di Forza Italia, dei Popolari europei e insomma dei “moderati” (i lettori di Ossigeno sanno che le virgolette sono, nel loro caso, obbligatorie).
L’opzione discesa in campo (!) è sempre viva negli eredi Berlusconi: è l’ipotesi del “non si sa mai”. Intanto i rampolli si limitano a dare un messaggio che più chiaro non si può agli alleati della destra estrema. Del resto, la scellerata idea di Salvini di spingersi ancora più a destra, di Meloni e di se stesso, ha ridato spazio (campo?) al partito che tutti davano per morto come il suo fondatore. E chissà se Netflix ci racconterà del giovane Berlusconi, amico di Craxi, certo, ma soprattutto democristiano. Ora possiamo dire: per sempre.
Nell’ultimo numero della rivista abbiamo spiegato che è quella “tra le destre” la linea di demarcazione politica di queste elezioni Europee, con buona pace di chi a sinistra attende ancora un grande progetto: la linea, che a volte assume i tratti della “cortina”, tra destra di governo e destra radicale. Una linea mobile come non mai, a volte soltanto tratteggiata e labilissima, attraversata da movimenti opportunistici e da scivolamenti pericolosi nel senso della radicalizzazione delle posizioni, che però definisce il campo di battaglia e anche i destini dell’Unione.
Vale per l’Italia, certamente, ma vale in generale a livello europeo. E siccome in Italia viviamo tutto quanto con una dose mastodontica di provincialismo, chissà che non sia quella la linea che definirà anche la prossima stagione politica di casa nostra. Se solo a sinistra se ne rendessero conto, lavorerebbero sulle divisioni altrui e non sulle proprie. Perché questa è la vera battaglia “campale”.
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