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  • Immagine del redattoregiuseppe civati

L’Italia del cappello nero




Le mappe dei diritti sono impietose: anche la Grecia ha approvato i matrimoni egualitari. Siamo rimasti gli ultimi.

Eppure, a leggere giornali e libri, è tutto un disquisire circa le «pretese» e le «ostentazioni» delle persone Lgbtqi+, perché la maggioranza trova disdicevole che quella minoranza continui a «provocare». Si torna a parlare con superficialità e senza pudore di «normalità» per distinguere quelli nella norma da chi quella norma metterebbe in discussione.

Non solo non si riconoscono i diritti, non solo non li si estendono a persone che non ne godono, ma si offende la loro intelligenza e la loro stessa persona, aggiungendoci un po’ di insano complottismo per cui sarebbero, queste persone, esponenti di una lobby minacciosa. Giorgia Meloni stessa, nella sua eterna campagna elettorale, si era espressa in questi termini: una lobby che mira alla dissoluzione della famiglia «tradizionale», altra parola usata in chiave automaticamente illiberale.

La cosa che colpisce di più, all’insegna del negazionismo politico che ormai pare riguardare tutto quanto, è che queste persone, per la destra dominante, dal punto di vista politico e democratico non dovrebbero proprio esistere. Attenzione: sembra essere una questione riferita a una minoranza e invece è una questione che attiene la democrazia di tutte e tutti.

Ha fatto scalpore il bacio omosessuale nascosto da un cappello nero, in una serie tv prodotta dalla Rai. Sembrava un bollino, era un bollino: e non lo cito certo per ragioni polemiche (ne abbiamo a sufficienza, ogni minuto), ma per la sua natura metaforica. L’Italia del capello nero. Della rimozione e della negazione, del misoneismo e della nostalgia per chissà cosa e per chissà quando. (Immagine di YouTrend)

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