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  • Immagine del redattoreDavide Serafin

Le lacrime di coccodrillo per i morti sul lavoro



«Sento l'obbligo di iniziare su una brutta vicenda avvenuta a Firenze: a nome mio, del governo e dell'Italia voglio esprimere il mio cordoglio e la vicinanza alle famiglie delle persone coinvolte». Cinque operai morti schiacciati dal peso di travi in cemento armato nel cantiere Esselunga di Firenze valgono una stringata dichiarazione di cordoglio da parte della Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Quella di Firenze è una “brutta vicenda”, una deplorevole storia di cronaca. Sì, nessuna responsabilità in chi a Bruxelles invece continua a creare ostacoli nell’approvazione di una direttiva che costituirebbe una pietra miliare nella responsabilità sociale d’impresa.


Si tratta della Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D), una nuova normativa che dovrebbe definire «gli obblighi delle grandi società relativamente agli impatti negativi effettivi e potenziali sui diritti umani (e pertanto anche della salute e sicurezza sul lavoro, n.d.a.) e sull'ambiente per quanto riguarda le loro attività, quelle delle loro filiazioni e quelle svolte dai loro partner commerciali». La due diligence è un processo volto a valutare e analizzare politiche, processi e la loro conformità rispetto a standard etici e alla normativa vigente. Qualcosa che farebbe bene alle nostre imprese, che spesso ignorano, o fingono di ignorare, le violazioni dei diritti lungo la loro catena di fornitura.


Mentre BusinessEurope - la Confindustria europea - definisce la nuova normativa macchinosa, di difficile applicazione e invasiva, tre giorni fa arriva la presa di posizione di ANCE, Associazione Nazionale Costruttori Edili. Il nodo del contendere è proprio la sorveglianza sulla catena di fornitura che le aziende con più di 500 dipendenti sarebbero tenute a mettere in atto, con risvolti diretti in termini di responsabilità sociale condivisa. Scrive ANCE che «per il settore delle costruzioni, gli oneri aumenterebbero ulteriormente, essendo stato inserito tra i settori ad alto impatto. Questo comporterebbe un ampliamento della platea delle imprese interessate, in quanto rientrerebbero nel campo di applicazione della direttiva quelle con più di 250 dipendenti e 40 milioni di fatturato». Da ciò sono scaturite le pressioni di ANCE medesima e di Confindustria per posticipare il voto in Consiglio, poi osteggiato dall’insolita alleanza di Germania e Italia.


Proprio il governo italiano, che ora esprime cordoglio per l’ennesima strage sui luoghi di lavoro, ha collaborato a fermare l’iter di approvazione della Direttiva CS3D che avrebbe per esempio obbligato il committente a esercitare un maggior controllo preventivo sulle imprese coinvolte nell’appalto. La direttiva non avrebbe forse salvato le vite degli operai, ma avrebbe costituito una barriera in più all’utilizzo di imprese che non effettuano la formazione obbligatoria in materia di sicurezza e, più in generale, non ottemperano ai propri obblighi di legge.


Del resto, nessuno si sorprenda: questo è ancora il tempo delle lacrime in pubblico, del presentarsi come anime belle. Poi si tornerà in Europa - la matrigna Europa - a evitare nuovi adempimenti per le imprese.

Il voto sulla CS3D? È rimandato al futuro, sempre che i governi di Germania e Italia cambino idea, ma il voto di giugno potrebbe sancire il suo definitivo tramonto. Nel frattempo le grandi aziende che intendono fare? Voltarsi dall’altra parte mentre nel sottobosco dei subappalti sono violati i più elementari diritti?

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