Perché non c’è nel Paese un grande movimento di piazze, scioperi, intellettuali, giornalisti, opposizioni tutte, che chiede a Giorgia Meloni di dimettersi? Perché l’argomento non è nemmeno sfiorato da nessuno di coloro - tantissimi - che da ieri protestano della censura subita da Antonio Scurati? Ecco, questa è una domanda interessante. Se ce la facessimo, ci renderemmo immediatamente conto che, intanto, non tutti sarebbero d’accordo. Da molti ambienti, politici e non solo, come prima cosa partirebbero i distinguo sulla definizione di questo governo: è o non è un governo antidemocratico? Basta scrollare i social di questa mattina per imbattersi nei distinguo: certo, la censura è stata sbagliata, ma il fascismo non c’entra niente, anzi, qualcuno addirittura dice che Scurati avrebbe anche potuto andare in onda, con un contraddittorio.
Diceva Michela Murgia: «Voi vi aspettate che il fascismo vi venga a bussare alla porta con il fez e la camicia nera?», e aveva ragione, non è così che succederà, non è così che sta succedendo.
Giorgia Meloni ha vinto le elezioni, e ha il diritto di governare: e non c’è dubbio, ma troppe persone non vanno oltre nel loro ragionamento, e questo è un problema. L’affermazione probabilmente le stupirà, ma la verità è che se anche qualcuno vince le elezioni, se anche le ha stravinte (e non è questo il caso, peraltro), poi non può fare quel cazzo che gli pare. Non ha vinto un free pass per una dittatura con mandato popolare. Non può censurare, non può limitare le libertà delle minoranze, e non può per il semplice fatto che quelle libertà sono garantite dalla Costituzione. E la Costituzione è superiore a qualsiasi governo, anche se democraticamente eletto. Che quel governo, insediandosi, ha giurato di rispettare. Se non lo fa, se ne deve andare. Una cosa su cui tutte le persone democratiche, di qualunque orientamento, dovrebbero concordare. I fatti ci dimostrano ogni giorno che purtroppo non è così.