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  • Immagine del redattore Paolo Cosseddu

Sbatti il mostro


Prolegomeni allo svolgimento di un dibattito su una polemica del giorno. Antefatto: un quotidiano pubblica una vignetta. Sinossi: la vignetta, disegnata da Mario Natangelo, illustra una donna a letto con un uomo di colore. Si tratterebbe della moglie del ministro Francesco Lollobrigida, nonché sorella di Giorgia Meloni, qui con un amante, in riferimento alle parole del ministro stesso su natalità e sostituzione etnica. Segue dibattito.


Prima ondata: la destra si indigna. (Cogliendo al volo l’imperdibile occasione di distrarre l’attenzione su ben altri problemi).

Seconda ondata: Giorgia Meloni difende la sorella, che non può essere messa in mezzo per via delle sue parentele o della persona che ha sposato. (Che un po’ è vero e un po’ no, perché comunque burlarsi della sorella della Presidente del Consiglio non è come farlo con la Sora Cecioni).

Terza ondata: messaggi di solidarietà alla Premier dagli avversari politici. (E se mai per disgrazia un pirata della strada dovesse arrotarle il gatto, tutti in piazza? Per sapere. Ps per gli amanti dei gatti: è solo un esempio, per l’amor del Cielo).

Quarta ondata: la satira deve essere libera, ma quella non è satira. (Chi lo decide? Non si sa).

Quarta ondata - corollari: e comunque non fa ridere. E comunque è brutta. (Lo decide, si suppone, lo stesso di cui alle righe precedenti. A patto di trovarlo)

Quinta ondata: il Fatto Quotidiano è un pessimo giornale.

(Parliamone, ma quindi? Chiudiamo direttamente i giornali? Questo sì che farebbe piacere a Giorgia Meloni)

Sesta ondata: trattasi di vignetta sessista, in quanto raffigura la donna fedifraga. (Ci mancava il moralismo d’accatto. Ma non eravamo per la fine delle costrizioni e la libertà? Tutto bene?)

Settima ondata: la vignetta perpetua lo stereotipo dell’uomo nero superdotato, e quindi è razzista. (Fino a qualche anno fa, in America, capitava che i suprematisti bianchi dessero fuoco alle videoteche per adulti che vendevano dvd contenenti sesso interrazziale. Poi le videoteche hanno chiuso, i suprematisti invece sono ancora in circolo. Per dire)

Ultima ondata (anche detta Prima ondata del ciclo seguente): il ministero del Turismo, guidato da Daniela Santanchè, pubblica un video dedicato a una nuova campagna milionaria per promuovere l’Italia nel mondo, protagonista la Venere di Botticelli trasformata in influencer (sic!). Il video non piace, e così tutti attaccano a parlarne sui social, dimenticandosi la vignetta di Natangelo.


Conclusioni: in quel capolavoro di Marco Bellocchio che è Sbatti il mostro in prima pagina, film del 1972, il direttore del Giornale interpretato da un terrificante Gian Maria Volonté brutalizza un povero cronista impartendogli una lezione di giornalismo di raro cinismo. A un certo punto gli dice: «Il lettore apre il giornale, guarda, se gli va legge, se non gli va tira via, ma senza avere la sensazione che vogliamo rompergli i coglioni». Il senso originale della tirata era un altro, ma la si può adattare all’occasione: esce una vignetta, ci piace? Bene. Non ci piace? Amen. Ci offende? Davvero è il caso di arrivare addirittura a offendersi per una vignetta? Non è un po’ eccessivo, ci teniamo proprio così tanto a volerci “rompere i coglioni”? Pensiamo sia nostro diritto, quello di offenderci? Ma allora non sarebbe almeno pari a quello dell’autore di disegnare ciò che gli pare? Qual è l’alternativa, la censura? Sicuri sicuri? Non eravamo tutti Charlie Hebdo? E non è esagerato dedicare un dibattito così approfondito, così stratificato a una cosa così minuscola, non abbiamo faccende un filo più impellenti di cui occuparci? Inoltre, è proprio il caso di ergerci continuamente a giudici di cosa si può o non si può dire sulla base del nostro gusto e sensibilità? Chi ci crediamo di essere, Roland Barthes? Ma almeno lo abbiamo letto, Barthes? Infine, perché intitolare questo numero delle Bolle proprio “Sbatti il mostro”? Perché inizia con un giovane ma inconfondibile Ignazio La Russa ripreso mentre sta facendo un comizio? O non sarà mica un doppio senso riferito proprio alla situazione descritta nella vignetta? Aridagli.

Nel frattempo, mentre solidarizziamo con la premier per il reato di lesa sorellanza, lei e i suoi apparecchiano i festeggiamenti per il 25 aprile dicendo in ogni dove che non è una ricorrenza antifascista, che si celebrano tutti, non importa da che parte stessero. Ma sì, dai, facciamo pari. Anzi, facciamo che chi segna vince. L’importante è partecipare. Ma si può dire? Si può, si può. Mica è satira.





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