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  • Immagine del redattoreSilvia Cavanna

Gli eco-criminali siamo noi



C’è la presidente di ARPA Lombardia che afferma pubblicamente di non credere che il cambiamento climatico sia causato dall’uomo, c’è la Lega che presenta una proposta di legge per punire gli eco-attivisti che manifestano bloccando il traffico, c’è Salvini che banalizza la questione parlando all’assemblea Confitarma delle flatulenze degli allevamenti. E poi c’è la comunità scientifica che sostiene da decenni e continua a ribadire non solo che la crisi climatica esiste ed è di origine antropica, ma che la situazione è ben più grave di quello che sembri. E che occorre fare qualcosa o andrà sempre peggio.


È stata pubblicata a fine ottobre sulla rivista Nature Climate Change una ricerca del British Antarctic Survey (BAS) che evidenzia come, con buona probabilità, la fusione della calotta glaciale dell’Antartide occidentale non sia più evitabile: indipendentemente da quanto si riusciranno a ridurre le emissioni di combustibili fossili, infatti, si prevede che le acque attorno ad alcuni ghiacciai dell’Antartide occidentale si riscalderanno ad un ritmo tre volte superiore rispetto al passato causando un incremento diffuso dello scioglimento delle calotte. Il che implica che il contributo dell’Antartide all’innalzamento del livello del mare potrebbe crescere rapidamente nei prossimi decenni. E questo anche nello scenario migliore di un aumento della temperatura del pianeta rispetto al periodo preindustriale di 1,5°C, l’ambizioso traguardo concordato dai leader globali nell’Accordo di Parigi del 2015.

Allo stato attuale, però, gli obiettivi di Parigi sembrano essere sempre più difficili da raggiungere.

Secondo un altro articolo pubblicato qualche giorno fa sulla rivista Oxford Open – Climate Change a firma di diversi autori ed autrici (fra tutti James Hansen, lo scienziato che per primo nel 1988 parlò ufficialmente di effetto serra additando le cause dell’innalzamento delle temperature alle azioni dell’uomo), il clima della Terra sembra essere molto più sensibile alle cause del riscaldamento globale di quanto inizialmente stimato e questo porterebbe, in assenza di misure straordinarie di contenimento delle emissioni, ad un aumento delle temperature superiore e molto più rapido rispetto a quanto previsto nel 2015.

Lo studio ruota attorno alla sensitività climatica, un parametro fondamentale per i modelli simulativi di evoluzione del clima, che esprime la risposta del pianeta in termini di riscaldamento al raddoppio della concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera. Se nel 1979 il rapporto Charney, la prima valutazione scientifica globale dell’impatto delle emissioni di gas ad effetto serra sul clima, affermava che un raddoppio della CO2 avrebbe determinato un conseguente aumento delle temperature compreso fra 1,5° e 4,5°C rispetto all’epoca preindustriale, i nuovi dati a disposizione consentirebbero di rivalutare la stima di questo parametro portandolo a 4,8°C.

In altre parole, il riscaldamento globale sta accelerando e con l’attuale approccio geopolitico alle emissioni inquinanti, supererà 1,5°C già entro la fine degli anni Venti e 2°C prima del 2050.


Che cosa fare? È troppo tardi? Come rispondere ai negazionisti climatici, che molto spesso siedono sulle poltrone da cui si decide il futuro del mondo? Vi lasciamo con una sintesi delle considerazioni conclusive dello stesso Hansen.

Siamo nella fase iniziale di un’emergenza globale ed invertire la tendenza è essenziale: dobbiamo raffreddare il pianeta. Per quanto ne sappiamo, è ancora possibile farlo senza passare attraverso disastri irreversibili.

Data la situazione globale che abbiamo permesso si sviluppasse, è fondamentale intraprendere tre azioni. Innanzitutto, è necessario fornire incentivi economici per promuovere l’energia pulita e parallelamente applicare prezzi crescenti sulle emissioni di gas serra. In secondo luogo serve cooperazione globale per abbassare il costo delle rinnovabili e sostenere i paesi in via di sviluppo. Infine, occorre agire per ridurre ed invertire lo squilibrio energetico della Terra. La diminuzione graduale delle emissioni di gas serra è la priorità assoluta, ma ma non è più sufficiente, da sola, per ripristinare rapidamente l’equilibrio energetico del pianeta: è necessaria un’azione aggiuntiva per evitare una grave escalation degli impatti climatici, a partire dal tentativo di contrastare l’innalzamento del livello del mare che potrebbe avere effetti disastrosi.

Questo decennio potrebbe essere la nostra ultima occasione per sviluppare le conoscenze, le capacità tecniche e la volontà politica per gli interventi necessari a salvare le regioni costiere globali dall’inondazione a lungo termine.

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