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  • Immagine del redattore Paolo Cosseddu

Il problema dei 3 mandati


Molta gente si affeziona ai dittatori, o li ricorda con rimpianto perché dopotutto “hanno fatto anche cose buone”, quindi figuriamoci se non è comprensibile che accada lo stesso con i sindaci o i presidenti di regione, o con qualsiasi altra carica - monocratica o meno -, specie se ritiene che si comportino decentemente. A dimostrazione del fatto che anche in politica, come in ogni altro ambito, conta molto la moda del momento, fino a quindici o dieci anni fa c’era una gran voglia di cambiamento, si aveva l’impressione fortissima di avere a che fare con una classe dirigente che stava lì da troppo tempo e quindi sembrava perfettamente sensato che politici emergenti e interi partiti basassero parti fondamentali della loro proposta sul ricambio. Poi, sarà che la rottamazione non ha rottamato granché, sarà che la scatoletta di tonno l’avranno pure aperta ma se la sono pure mangiata, la faccenda è passata in secondo piano, e politici che all’epoca sembravano tanto giovani oggi hanno carriere ventennali che peraltro non sembrano intenzionati a interrompere.

Anche la moralizzazione sugli stipendi, diciamocelo, alla lunga ha perso un po’ di mordente: quelli che a volte sono descritti come impegni gravosi a fronte di pochi euro, in qualche caso, col tempo, sono diventati un po’ meno un sacrificio, se è vero che recentemente il sindaco di una città come Biella - che ormai è diventata metro di tutte le cose - si è alzato lo stipendio a circa 10mila euro al mese (che per amministrare un Comune di 44mila abitanti non sono neanche malissimo, dai).

 

Tornando ai mandati, in questo nuovo clima di indifferenza verso un elemento di igiene delle democrazie, ovvero che il potere debba avere una durata limitata, si è inserita senza problemi la discussione sul limite dei due giri (solo se consecutivi, peraltro) dove previsti, in particolare per sindaci e presidenti di regione. Per ora, il tappo è saltato solo sui primi cittadini dei Comuni molto piccoli: 3 giri tra i 5 e i 10mila abitanti, potenzialmente a vita sotto i 5mila residenti. Di Comuni minuscoli l’Italia e piena, e se si parla con un loro abitante sicuramente ci si sentirà dire che si fa sempre più fatica a trovare qualcuno che abbia voglia di ricoprire un ruolo che, con pochi soldi disponibili e potenzialmente molte rotture cui far fronte, è sostanzialmente una grana. Che sarà sicuramente vero, ma al tempo stesso si potrebbe far notare che è ben strano, che quei pochi che quella voglia ce l’hanno siano determinati a farlo per il resto dei loro giorni (elettori permettendo, chiaro). Una specie di vocazione al martirio, insomma. Gli abitanti di Springfield ci insegnano però che, sei si permette alla stessa persona di mantenere la stessa carica troppo a lungo, subentra un certo rilassamento, e le pratiche amministrative iniziano a essere gestite in modi non proprio limpidi, anche se vengono continuamente rieletti per 35 stagioni di fila - come accade al sindaco Quimby - non tanto per indefessa stima della cittadinanza, ma più che altro per stanchezza.

 

Ai veneti, ai campani, agli emiliani, e a molti residenti in Comuni dove la stessa persona è in carica da due turni, col secondo più o meno verso la scadenza, toccherà almeno in teoria rinunciare ai loro amati amministratori, anche se avrebbero preferito tenerseli ancora un po’, ma niente paura: potranno votarli e goderseli in qualche altro ruolo. Sfogliando gli annunci delle candidature alle imminenti europee, infatti, non poche dovrebbero garantire un prolungamento di carriera a Strasburgo a chi oggi è impelagato con la gestione delle burocrazie locali, e presto potrà invece impelagarsi in quelle comunitarie, evviva. Spesso, lasciando il lavoro incompiuto, come quelle scimmie che stanno aggrappate a un ramo con la destra, e non lo mollano finché non ne stringono un altro con la sinistra: alla faccia della buona amministrazione, ma pazienza. Altri ancora, invece, si candideranno già sapendo che non andranno affatto a fare gli europarlamentari, che non è proprio un bel vedere ma tanto, si dice, si è sempre fatto e quindi no problem. Del resto, anche Bernie Sanders ha iniziato come sindaco di Burlington, dove ha fatto ben quattro mandati, da lì ha spiccato il volo verso il Congresso e in un modo o nell’altro è in sella da mezzo secolo, che forse, pur con tutta la stima, è un po’ tanto. La legge americana gli avrebbe comunque impedito di fare il presidente degli Stati Uniti per più di due volte (sempre consecutive), mentre qui da noi evidentemente il problema non si è mai posto visto che abbiamo avuto Andreotti capo del Governo per sette volte e, venendo a tempi più recenti, Berlusconi per quattro, e recentemente ne abbiamo concessi due al Quirinale pure a Napolitano e Mattarella, cosa mai successa prima rispetto alla quale si potrebbero elencare pro e contro.

 

Tolti alcuni casi preclari, però, tipo appunto quelli come Sanders o Mattarella, diciamo che nel gran mazzo della classe dirigente non sarebbe male che, fatti dieci o quindici anni di produttiva esperienza, molti tra quelli che continuiamo a ritrovarci sulla scheda da quando eravamo piccoli a un certo punto facessero altro. Possibilmente, non le consulenze strapagate o gli scaldasedia nei Cda, ecco, proprio “altro”. Poi, a un certo punto, la moda del ricambio potrebbe pure tornare, giacché questi in fondo sono fenomeni ciclici. E gli stessi che oggi vorrebbero un sindaco a vita, domani saranno i primi a tirargli le monetine.

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