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  • Immagine del redattore Paolo Cosseddu

Quei lavori che il Pd non vuole più fare


L’altro giorno Stefano Bonaccini, possibile prossimo Segretario del Pd – ops… troppo presto? – twittava che “la destra sta dimostrando manifesta incapacità nella gestione dell'immigrazione. Quadruplicati gli sbarchi da quando governano”, con il compagno di partito Pierfrancesco Majorino che gli dava “perfettamente ragione” aggiungendo che “da giorni ripetiamo in molti questo concetto”. Che magari la spiegherebbero in maniera diversa, potendo argomentare, ma rileggendo, sembra voler dire che la destra non è abbastanza brava a fare i respingimenti, per via di quella cosa, avete presente, che si chiama correlazione tra causa ed effetto: la destra manifesta incapacità, ergo… quadruplicati gli sbarchi, indi servirebbero più respingimenti. “Lo dice il ragionamento stesso”, avrebbe chiosato il saggio Pazzaglia.


Si tratta dell’esempio più recente fra molti altri precedenti, che vanno avanti da anni, e che sembrano indicare una linea capace di attraversare le varie incarnazioni che il Pd ha avuto fin qui. Avendo governato molto a lungo, i Dem avrebbero per esempio potuto battersi un po’ di più per far uscire la questione delle migrazioni dall’emergenza continua e disastrosa che è: abolendo la Bossi-Fini, cancellando le leggi Salvini senza limitarsi a superficiali limature, creando corridoi sicuri al posto delle traversate in mare, potenziando il sistema di accoglienza, eccetera. Ma non l’hanno fatto, e forse il motivo è che non lo volevano fare, no? A volte la risposta giusta è quella più semplice, e comunque è molto, molto più facile lamentarsi per le azioni degli altri, che dover agire in prima persona.


Vale anche per il salario minimo: la raccolta delle firme a sostegno della proposta unitaria presentata da Pd, M5S e Azione sta andando bene, dicono i promotori, ma esattamente a cosa dovrebbero servire? Sono come le firme che una volta venivano chieste per strada dai Lautari, quelle “contro la droga”, che poi giustamente i perplessi passanti si trovavano a chiedersi “in che senso”? Due governi fa, dopotutto, a Palazzo Chigi risiedeva un Governo bicolore composto proprio da Pd e M5S: santo cielo, non potevano farlo allora, questo benedetto salario minimo? E dopo, con Draghi, sempre stando in maggioranza, non potevano evitare di ciurlare nel manico con iniziative tipo la proposta Orlando, che aveva il piccolo difetto di “non” essere un salario minimo?


E poi, proprio approfittando della presenza dell’europeista Draghi, non potevano metter mano a tassisti e stabilimenti balneari, invece di lamentarsene, dopo? Non saremmo un po’ più contenti, oggi, se avessero stabilito che un furbone non può gestire un’attività da 9 milioni di euro di fatturato all’anno a fronte di una concessione del pubblico demanio che ne costa solo poche migliaia? Eh, ma lamentarsene è più facile. In effetti. L’elenco potrebbe ovviamente continuare: c’era l’occasione di sistemare la sanità pubblica, dopo tutto quello che è successo durante la pandemia, invece se possibile la situazione è persino peggiorata: altri lamenti a posteriori. Si potevano fare molte più cose per le rinnovabili, invece di farsi travolgere dalla crisi energetica. Si poteva regolamentare bene la Gpa, e legiferare sull’adozione delle coppie omogenitoriali. Si poteva fare la a lungo invocata separazione fra Tim e infrastruttura, invece di lamentarsi oggi per il fatto che la destra se l’è sostanzialmente venduta agli stranieri. Si poteva approvare una legge seria sul consumo di suolo in Emilia-Romagna, invece di quella roba che tutti gli esperti hanno bocciato ritenendola insufficiente, e magari non si impediva l’alluvione, ma almeno non la peggiorava. Si potevano – bum – presentare quelle proposte, insieme, alle elezioni, e vincerle, e governare, invece di mettersi insieme a babbo morto, per iniziative che essendo di minoranza si sa già che finiranno in un buco nell’acqua. E così via.


Non che sia nuova, la strategia di lamentarsi, in politica: Giorgia Meloni ci ha costruito sopra la sua fortuna, e pure lei ora che è al Governo mica le toglie, le accise, di cui pure si lamentava tantissimo, forse perché anche lei vuole lasciarsi qualcosa di cui lagnarsi dopo, quando un giorno sarà all’opposizione. Ma persino questa destra sgangherata ha ben presente che non basta piangere, serve pure qualche battaglia da intestarsi, e le loro le conosciamo bene, quelle dell’attuale opposizione un po’ meno. Che fare, quindi? Le banche, quelle no, perché di fronte alla presunta tassazione degli extraprofitti morire se c’è uno – dicasi uno – che sa spiegare in cosa consiste. Le Birkenstock nemmeno perché diciamocelo, sono un po’ troppo di sinistra, non si può mica esagerare, altrimenti l’elettorato moderato poi si spaventa.


E quindi? Beh, ci sarebbero i granchi blu, specie autoctona americana che sta colonizzando i nostri fondali e li sta distruggendo, perché molto aggressiva. Ci starebbe una bella campagna ad hoc: per fermare l’invasione straniera, che funziona sempre. Pure con un nobile scopo ambientalista. Peraltro è molto buono, il granchio blu, tipo astice, ma costa molto meno, anche perché fin troppo disponibile e tutti vogliamo liberarcene, e inserirlo nei menu sarebbe quindi anche una risposta molto forte al caro scontrini. Insomma, una battaglia ideale. Ma non si può: Zaia, in che queste settimane si era già espresso sui figli delle coppie omogenitoriali, sul suicidio assistito, persino sulla migliore gestione dei migranti, ci ha appena fatto una conferenza stampa mostrandone uno e annunciando l’esito trionfale di una maxi retata (letterale). Maledetti leghisti che vengono qui a rubare il lavoro al Pd.

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