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  • Immagine del redattoreFranz Foti

Vannacci, prototipo del post-negazionista


Nell'intervista di Aldo Cazzullo a Roberto Vannacci uscita oggi sul Corriere non troverete nulla che il loquacissimo generale non abbia in qualche modo già detto nelle sue innumerevoli uscite pubbliche degli ultimi mesi, eppure risulta difficile non restare sorpresi e anche un po' allucinati, nel leggere il flusso di coscienza che domina la mente di quest'uomo, il quale non ha in fondo bisogno di quella candidatura alle prossime europee che sembra ormai più una questione di "quando" e "con chi" che di "se", per essere un degno rappresentante di una fetta non trascurabile dell'opinione pubblica italiana e non solo.


Lasciamo perdere per un momento l'enorme, debordante spazio che viene dato al non particolarmente illuminante pensiero di questa persona da parte dei nostri media, non ultima appunto l'odierna prima pagina di uno dei massimi organi di stampa del paese, peraltro a cura di una delle firme di punta del giornalismo italiano contemporaneo. Come sottolineato da un compagno della redazione di Ossigeno, questo ennesimo capitolo della saga del generale (anzi, dell'incursore, come ama chiamarsi) sembra un'appendice di Negazione, il saggio del sociologo britannico Keith Kahn-Harris sulle radici e l'evoluzione del pensiero negazionista nella nostra società.


Nella seconda metà del libro, che l'enciclopedia Treccani non ha stentato a definire "imprescindibile", Kahn-Harris ci parla del mutamento in corso all'interno della galassia negazionista, che da una decina di anni di a questa parte, complice l'enorme successo di cui molte delle sue teorie godono - anche presso le massime istituzioni occidentali - sta lentamente ma inesorabilmente togliendosi quella che l'autore definisce come una sorta di maschera dietro alla quale nasconde le proprie reali pulsioni. Dalla seconda metà del '900 in poi è (era?) diventato inaccettabile dichiararsi apertamente razzisti, antisemiti, xenofobi, omofobi, fautori insomma di una cultura di violenza e odio. Chi cova queste pulsioni ha dovuto quindi trovare il modo di convivere con i propri sentimenti all'interno di una società che li considerava indicibili, rifugiandosi perciò nella negazione come processo di rimozione di qualcosa con cui si voleva evitare di fare i conti sia come individui che come collettività.


Secondo il sociologo inglese, però, da qualche anno a questa parte siamo entrati in una nuova fase, quella che lui definisce del post-negazionismo, in cui il negazionismo ormai al potere non ha più bisogno degli strumenti tipicamente "di opposizione" del suo sistema di pensiero, ma può finalmente abbracciare le sue reali pulsioni. Ed è innegabile che, diciamo per semplificare dagli anni della prima presidenza Trump, moltissimi leader politici mondiali abbiano cominciato a buttare là con nonchalance dichiarazioni che un tempo sarebbero costate loro la carriera e che oggi invece li fanno volare nei sondaggi. Ecco, Vannacci si inserisce perfettamente in questo solco, lo si potrebbe anzi definire un prototipo del post-negazionista. Citiamo fior da fiore dall'intervista di oggi:


«Chi vorrebbe cancellare l’odio vorrebbe cancellare il motore dell’universo, il combustibile che muove il mondo».
«I miei eroi sono Luigi Durand de la Penne ed Emilio Bianchi».

("eroi" dell'impresa di Alessandria, una delle battaglie simbolo dell'epica fascista della seconda guerra mondiale)

«Cosa facesse Cesare a letto sono affari suoi. È stato uno dei più grandi comandanti della storia. E sul carro dei trionfi non saliva vestito di piume di struzzo».

(quando gli fanno notare l'arcinota bisessualità di Cesare)

Stiamo riscrivendo pure le favole: Biancaneve nera, la regina d’Inghilterra nera... Vogliono destrutturare la società, perché una società destrutturata è più facile da guidare. Vogliono sfasciare la famiglia, anche perché i singoli individui consumano di più...».

Ma vogliono chi? (chiede Cazzullo)

«I gruppi di potere. Le lobby. I gruppi di pressione sui vari temi, dai gay all’ideologia green. Ma se abbattiamo le statue di Cristoforo Colombo, se ci vergogniamo delle nostre radici, dei nostri eroi, della nostra identità, addirittura del nostro progresso demonizzato come inquinante, saremo spazzati via. L’Occidente sarà sopraffatto. Perché il resto del mondo, la Russia, la Cina, il mondo arabo, va nella direzione opposta».
«Se elogio Mussolini, sono fascista. Se non lo elogio, dissimulo le mie idee...».

Ma soprattutto:

«La democrazia deve rispondere ai bisogni dei cittadini. Gli antichi romani in tempo di crisi trasformavano i consoli in dittatori, sino al ripristino della normalità. Nelle crisi le dittature tendono a essere più efficienti. Per questo dobbiamo dare alla democrazia gli strumenti per affrontare le emergenze».

Non fosse che stiamo parlando di uno che (fino a ieri) è stato membro dello Stato maggiore dell'esercito del nostro paese, sarebbe in fondo l'armamentario medio che ogni cinquantenne fascista usa su Facebook quotidianamente, alcune sembrano citazioni perfette da mettere in meme apocrifi di Snoopy o Mafalda, o in mezzo a post passivo aggressivi inutilmente rivendicativi su gente buttata in mezzo ai lupi che ne esce capobranco, o su metafore di acqua e roccia che piacciono tanto anche alla premier. Ciò che sottendono, anzi che ormai rivelano apertamente, però, è un sistema di valori anti-democratico, omofobo, razzista, xenofobo, nostalgico del fascismo, ammiratore delle dittature, che non ha più vergogna nemmeno di rivendicare l'odio come proprio motore imprescindibile.


Come dice Keith Kahn-Harris, infatti, «il post-negazionismo è anche più capace di produrre un’onesta ammissione del desiderio, rispetto al negazionismo. Si verifica uno strano dualismo: nel post-negazionismo c’è spazio per ammissioni crude e brutali, ma anche per le fantasie più selvagge e meno aderenti alla realtà. È la “sincerità” che persiste in questo dualismo. Il post-negazionismo può sembrare completamente disancorato dalla realtà e incredibilmente imprevedibile, ma ha una strana integrità che fa sì che, per chi lo pratica, abbia una coerenza sorprendente».

Sembra il ritratto di Vannacci - e di molti altri come lui -, no?


Ecco, a costo di sembrare un disco rotto, questi sono gli avversari che chi tiene ancora ai valori della democrazia, delle libertà civili e del progressismo si troverà davanti d'ora in poi, a cominciare dalle prossime europee. Far finta che siano solo parole, che in fondo oggi condividiamo tutti gli stessi valori di base, a questo punto non solo fa il loro gioco, ma significa diventare negazionisti a nostra volta.


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